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Xavier
mi viene a prendere con il suo piccolo pick-up verso le cinque della
mattina. Io sono già pronto e sono anche riuscito a fare colazione
insieme a Manuel, il padre di Xavier. Il sole non è ancora
sorto e lisola è immersa nel buio più completo
se non fosse per i fari della jeep che illuminano la strada.
Salgo in macchina, ci scambiamo giusto un saluto, poi Xavier ingrana
la prima e ci dirigiamo verso il molo che raggiungiamo poco dopo.
Comincia a piovere, una pioggia sottile, quasi impercettibile. Il
solo lampione esistente illumina il piccolo spiazzo di cemento e le
imbarcazioni che galleggiano sullacqua. La sua barca è
la seconda ed è legata come le altre ad ununica fune.
Mi tuffo per caricare le varie attrezzature, poi slego la barca e
la porto vicino al molo.
Xavier sale, si sistema sulla piccola panca dalluminio e cantilenando
intona una preghiera di buon auspicio per la pesca. Mi dice che con
una preghiera ben fatta e la pioggia che continua a scendere sottile
non ci dovrebbero essere problemi, la pesca sarà ottima.
Il piccolo motore fa uno sbuffo e poi si accende. Mi siedo sullaltra
panca, di fronte a Xavier che sta alla guida. Ci allontaniamo dallisola,
verso il mare aperto lasciandoci dietro uno spettacolo mozzafiato.
La pioggia e il sole creano uno scenario surreale in cui pesanti nuvole
nere si aprono lasciando intravedere squarci di cielo azzurro attraversati
da uno splendido arcobaleno.
«Da qualche parte, qualcuno è morto» sussurra Xavier.
«Quando piove ma cè anche il sole e larcobaleno,
significa che qualcuno è morto».
Xavier compie varie manovre dicendomi che questo è il posto
ideale per i tazards. Giriamo ancora un paio di volte compiendo grandi
cerchi con la barca che salta sulle onde in maniera terribile. Niente,
nessun tazard. In compenso, senza una parola Xavier mi fa cenno con
la mano. Seguo con lo sguardo il suo dito e poco distante dalla barca,
una immensa pinna si alza dallacqua per poi ricadere alzando
unonda che riusciamo a schivare al pelo. Una balena.
Ancora nessuno strappo dai finti calamari che legati a lunghe lenze
fissate sui due lati della barca, servono come esche per i tazards.
Si va più al largo a caccia di tonni e bonites. Due forti strappi
da entrambi i lati mi riportano alla realtà. Xavier comincia
a urlare di fare veloce, di tirare quelle maledette lenze come se
fosse la cosa più importante da fare nella mia vita. E adesso
lo è. Se non faccio veloce, se non tiro alla disperazione per
portare il pesce nelle mani di Xavier che sono già sul pelo
dellacqua, gli squali accorrerebbero nel giro di pochissimi
minuti, richiamati dallodore del sangue e del nostro pesce rimarrebbe
giusto la testa attaccata allamo. Ma questa volta non è
andata così. Xavier issa il primo tonno sulla barca e tenendolo
fermo per la coda gli sferra due colpi decisi alla testa con un bastone.
Anche per laltro, la sorte è la stessa.
E ritornata la calma. «Ormai» comincia Xavier «anche
qui a Fatu Hiva nessuno vuole più fare il pescatore. Prima
cè stata Hiva Oa: pur avendo delle ottime acque, molto
pescose, nessuno vuole fare più questo mestiere e così
sono io che vendo il pesce a loro. E adesso comincia anche Fatu Hiva.
I giovani dicono che è troppo faticoso alzarsi presto la mattina,
magari con la pioggia come oggi e andare a pescare. Come la gente
di Atuona, anche quella di Fatu Hiva ormai non sa più pescare.
Preferiscono un lavoro con un certo orario, un lavoro facile, un lavoro
fisso e così vanno a Tahiti. Stanno cambiando molte cose».
Torniamo verso il molo. La pesca è andata molto bene visto
che oltre ai due tonni abbiamo preso anche alcuni bonites e un paio
di tazards.
Puliamo il pesce direttamente sul molo, lo tagliamo a filetti che
poi puliamo nellacqua di mare, buttando le interiora ai branchi
di pesci che si sono radunati sotto di noi.
Tornando verso casa, con il pick-up stracarico, ci fermiamo di fronte
alla casa di una vecchina che avvolta nel suo pareo coloratissimo
si avvicina a Xavier bisbigliando alcune parole in marchesano. Visibilmente
scocciato, Xavier scende dallauto e consegna nelle mani della
vecchina un paio di grossi tranci di tonno rosso. Rientrando in auto,
mi dice: «Quella vecchia non vuole ancora capire che i tempi
sono cambiati! Questa è lultima volta che le regalo dei
filetti così belli, se li vuole se li compra. Io tutto questo
tonno, non lo tengo mica per me! Oggi stesso devo fare una consegna
allhotel di Atuona, altrimenti i turisti che cosa mangiano?».
«E coi soldi che prendi, cosa ti compri?» faccio io. «Che
domande!» risponde Xavier. «Delle belle bistecche, qualche
bottiglia di Coca Cola, dei surgelati, del caffè in polvere
e cose di questo tipo».
di
Nicola Vivarelli |
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