Te
Henua Enana, la terra degli uomini. Secondo i Marchesani, modestamente,
è dal loro arcipelago che il genere umano ha iniziato a diffondersi.
Daltronde, sto visitando le loro isole perché mi hanno
giurato che questi polinesiani sono FIERI della loro cultura; queste
sensazioni comunque dipendono sempre dal contesto, e lorgoglio
etnico è un concetto da maneggiare con estrema cura. Lunica
peculiarità che ho constatato nei Marchesani con cui ho parlato
finora è stata una sfegatata passione per il feuilleton Terra
Nostra. Il fatto che io fossi italiana li mandava in visibilio;
non è che sai come è andata a finire la storia di
Matteo? Purtroppo devo frenare il loro entusiasmo: spiego che non
ne ho mai vista una puntata, dal momento che non guardo la televisione
da anni (dal giorno in cui LUI è diventato il presidente
operaio etc etc etc, per lesattezza). A questo proposito,
una donna mi chiede: ah si, detesti la TV perché detesti
il capo del tuo governo? (sì, allincirca). E come si
chiama questo signore? Berlusconi, rispondo a labbra serrate, in
una sperduta valle di Nuku Hiva dove si riceve soltanto Tele Polynesie.
Forse avevo le labbra troppo serrate, e la signora non ha capito
bene. Forse è lennesima manifestazione dello spirito.
Fatto sta che mi godo la più bella gaffe sulla storia italiana
ascoltata da uno straniero: la donna mi dice: ah sì,
Mussolini, ne ho sentito parlare!. Scoppio in una risata inumana,
oceanica, da lupo mannaro. A stento, mi trattengo dal consumare
tutte le mie schede telefoniche per raccontare istantaneamente questa
vicenda a tutti gli italiani che conosco. Oh, se vale la pena di
vivere.
Queste Marchesi sono molto diverse dal resto della Polinesia Francese:
la Lonely mi informa che sono allo stesso tempo magnifiche, cupe
e deprimenti. Benissimo. Dimentichiamoci delle mezze misure. Non
esistono strade, soltanto piste non asfaltate a strapiombo sullabisso.
Perfetto: preferisco di gran lunga questa situazione, a quella vissuta
nella civilissima Moorea; una strada perfetta che fa il giro dellisola,
moltissimi autobus parcheggiati e inutilizzati, Laura che si trova
costretta a fare lautostop. Che nervi, quel giorno! Ho dichiarato
a Te arua che sono proprio fiu delle isole della società,
e della loro ricchezza artificiale fruibile solo dagli altri ricchi.
Meglio le Marchesi, con quel nome indigeno così musicale,
con quei picchi lavici inquietanti e quelle valli profonde. Rispettando
il contratto con il dio, scelgo di visitarne due: Ua huka e Ua Pou.
Quando il dio Oatea (sempre Te Arua, immagino, giurisdizione Isole
Marchesi) ha deciso di costruirsi una casa, Ua Pou era il palo portante
e Ua Huka una buca nella quale, spossato, aveva gettato i resti
della lavorazione. Molto affascinante.
Ua Huka è lisola più arida della Polinesia Francese.
Come tutte le Marchesi, è di origine vulcanica: due ex vulcani
sovrapposti, per la precisione. Ci arrivo a bordo di un minuscolo
aeroplanino che non mi riesce di prendere sul serio. Durante latterraggio,
mi viene offerta una magnifica visione di altipiani desertici e
ventosi, sui quali corrono branchi di cavalli selvaggi. Onestamente,
credo di non avere mai visto nulla di simile: è uno spettacolo
incredibile. Leffetto è estraniante, mi sembra di non
essere sul mio pianeta; credo sia uno dei paesaggi più belli
che abbia mai visto. Eppure mi rende immensamente inquieta: nel
momento stesso in cui metto piede nellisola, realizzo che
devo andarmene il prima possibile. Ma come! E un posto incredibile,
in sintonia con il mio carattere e dotato di unestetica magnificente,
indimenticabile. Pero io sono nervosissima, anche se cerco
di non dare peso ai segnali di pericolo che riceve il mio cervello,
consapevole del fatto che non sono giustificati. E va bene, è
vero, viaggiare da sola non fa per me. O forse è viaggiare
che non fa per me, no? Inizio a rimproverarmi educatamente, ma senza
appello. Capricciosa!! Hai voluto lisola depaysante, cherié,
e ora sopporta. Per la prima volta, non saro presso una famiglia
ma in una pensione chez lhabitant. Ugh. Sola sola sola.
Christelle, cui appartiene la pensione, mi accoglie allatterraggio.
Faccio di tutto per trovarla simpatica, senza riuscire minimamente
nellimpresa. Fortunatamente i prezzi sono anche meno cari
di quel che è scritto nella guida: in più, mi sovviene
che conosco una ragazza di questisola, Pierrette, che giusto
la sera prima avevo aiutato a fare i compiti di inglese (in effetti,
era convinta che io fossi la canadese...). Ma tu guarda: Pierrette
è la fidanzata di suo fratello. Occhiolino a Te Arua. Aggiungendo
a questo la storia della povera studentessa priva di risorse economiche,
mi offre la pensione completa a una decina di euro (anziché
35)
Mi chiedo fino a quando questa storia funzionerà.
Di certo, mi dichiarerò studentessa finché il mio
viso sarà un irriconoscibile intrigo di rughe. Lunico
problema, mi spiega la mia ospite, è che lei da anni non
accompagna più i turisti alle escursioni: offre solo letto
e cibo. Ma per me farà uneccezione
da una parte
sono sollevata, dallaltra temo che me lo faccia pesare: insisto
sul fatto che posso benissimo chiedere a qualche altra pensione.
Assolutamente no!! Mi espone un ricco programma, oggi valli, domani
villaggi, poi cavallo
E piena di cose da fare, Ua Huka
!! da fare concorrenza al Prater. E va bene. Ma il mio istinto non
è soddisfatto.
Non ho ben capito la ragione, ma mi fa saltare il pranzo. In compenso
faccio conoscenza con il suo bambino, pestifero. Normalmente i cuccioli
mi piacciono, ma questo è tremendo. Ho notato altre volte
che spesso i polinesiani sono troppo permissivi con i piccoli: fino
alletà di 4 o 5 anni, i bebé sono adorati e
hanno il permesso di fare praticamente qualunque cosa. Non gli viene
negato nemmeno nessun cibo, indirizzandoli facilmente verso lobesità,
sin dalla scuola elementare. I padri sono ancora meno forti delle
madri, e spesso sono davvero adorati dai ragazzini che scambiano
facilmente il disinteresse per complicità nelle loro conneries.
Il bimbo di Christelle è uno di questi piccoli tiranni: urla
a tavola, picchia gli altri bambini allasilo e via dicendo.
Nel pomeriggio, in auto, è seduto dietro di me e ha in mano
un bastone uncinato con il quale tenta ripetutamente di cavarmi
gli occhi. Glielo strappo dalle mani, lasciandolo urlare come non
mai. Oh, qualcuno deve pur farlo, questo sporco lavoro.
Escursione in 4x4 nella valle vicina, piantagioni di tutto, paesaggi
suggestivi. Il mio antipatico istinto pero non ha alcuna intenzione
di placarsi: mi dice che dura troppo poco per quello che costa,
e che in più Christelle ne approfitta per fare la sua spesa,
con la scusa di farmi vedere un orto. Non so cosa pensino degli
occidentali, ma certo di orti ne avevo già visti parecchi,
alletà di 21 anni, molti dei quali trascorsi a scorrazzare
libera per la campagna veneta. Sono sempre più nervosa; divento
diffidente (tratto che non mi appartiene e che non apprezzo negli
altri) e inizio a sputare sentenze tra me e me, del tipo I
Polinesiani non fanno che approfittare dei turisti, I
Polinesiani non mi piacciono e non vedo lora di andarmene;
oh!! Come erano gentili invece i Marocchini, i Kenyani!!,
fino allimmancabile cosa ti puoi aspettare da un popolo
che ha praticato lantropofagia fino al 1867. Finisce
che detesto pure me; non accetto assolutamente di pensare con tanta
acredine e, peggio, un filo di razzismo. Però adoro i viaggi
perché tirano fuori davvero tutto da una persona; e alla
mia età ho ancora la necessità di conoscermi a fondo.
Devo praticare un esorcismo: il dio è muto e lontano, io
mi trovo a Ua Huka e sto sprecando il mio tempo a trasformarmi in
una texana bibbia/baionetta (ennesima generalizzazione!). Allora
scendo allo snack bar di Christelle, dove vengono serviti i pasti,
e per ringraziarla degli sconti e via dicendo finisce che preparo
io la cena. Spaghetti alle verdure per tutti (la sua bambina grassa:
ma mamma! Non cè nemmeno un filo di ketchup!). Sono
apprezzatissimi dagli adulti; e andiamo tutti a letto felici.
Nuovo problema insormontabile: io ho PAURA di dormire da sola. Cioè,
ho bisogno di silenzio assoluto e di una camera SINGOLA, però
nella casa ci deve essere qualcun altro. Soprattutto se la casa
si trova nella baia di Vaipae e non si può chiudere a chiave
(cosa che, per la cronaca, in Italia non faccio mai). Le camere
si trovano in una costruzione separata dalla casa di Christelle,
e tutto questo non mi piace per nulla. Lascio la televisione accesa
(mi sto decisamente trasformando in qualcosa di orribile) e mi metto
a leggere Cosmopolitan, che come sempre ha un effetto lenitivo sui
miei nervi. Adoro trovarmi in capo al mondo, con i cavalli selvaggi
alla porta, e leggere un servizio su come abbinare la jupe
tulipe (effettivamente, lavevo sempre trovata importabile).
Ma alluna di notte, le trasmissioni di tele polynesie terminano
di brutto, lasciando sullo schermo soltanto un arcobaleno colorato.
Quel couchemar. Inoltre, cè molto vento che fischia
davvero troppo forte. Sinceramente, mi chiedo chi cavolo me labbia
fatto fare, di venire nella terra degli uomini. Come potevo facilmente
immaginare, nessun malintenzionato assassino di europee si nascondeva
fra i 500 abitanti dellisola, e il mattino dopo mi risveglio
viva (non senza stupore). Le chiacchiere con la mamma di Christelle,
accompagnate da unabbondante colazione, mi riconfortano e
mi complimento per il mio coraggio (per non essere corsa nella casa
più vicina, in piena notte, alla ricerca di calore umano).
Andiamo a vedere gli altri villaggi, con la mia guida/ospite che
continua a dirmi: è uneccezione, io non ho assolutamente
il tempo di portare in giro i turisti, sono anche lagente
di air tahiti, che pretendi? Trattengo ogni emozione, perché
SONO UNA PERSONA MOLTO TOLLERANTE (nuovo mantra Marchesi). Belli
pero i villaggi vicini; ma perché non ho scelto una
pensione di qui? Perché mi piaceva lidea di Vaipae,
chiamata la baia nascosta, in quanto è difficile
da vedere quando arrivi a Ua Huka via mare (esperienza che non avevo
nessuna intenzione di tentare: lunica possibilità è
la crociera con lAranui, un cargo che trasporta anche un sacco
di turisti che pagano profumatamente per vedere sei isole e due
atolli in due settimane, costantemente in gruppo, in un mare agitatissimo).
Non ho alcuna idea del perché mi avesse affascinato un concetto
simile, ma tantè. Il villagio di Hane mi appare molto
più accogliente, è il VILLAGGIO DEL PACIFICO che la
mia mente sognava, con tutte le casine fiorite e raggruppate. Cè
pure un centro dellartigianato, con sculture bellissime e
a prezzi molto bassi (ma io VIAGGIO IN ECONOMIA, ennesimo mantra).
Un Tiki a 8 euro comunque non me lo toglie nessuno. Una signora
mi dice che avrebbe qualcosa da farmi vedere, tipo dei petroglifi
incisioni su pietra antichi non troppo lontani dal
villaggio; chiaramente però non ha tempo da dedicarmi. Appurato
il fatto che non ho mai visto nessuno al mondo disporre di più
tempo dei marchesani, mi rassegno al fatto che, se da una parte
sono avvantaggiata dal fatto di avere laspetto squattrinato,
dallaltra non avro mai diritto allo status di VISITATRICE.
La mia signora resta sulla veranda a chiacchierare con la mia guida,
e io mi accontento di andare alla maison du petrogliphe:
un uomo abbastanza anziano ha deciso di andare in cerca di questi
preziosi resti della civiltà tradizionale, molti dei quali
non hanno ancora ricevuto una catalogazione. Ne fa dei calchi, per
preservarli dallusura e dalloblio. La maison non è
ancora terminata, ma mi mostra alcune delle sue copie: mi racconta
dove ha scovato gli originali, nel cuore della foresta, è
appassionato, emozionato. Francese. Mi spiega che quando parte per
le spedizioni in tenda, di qualche giorno, i ragazzi dellisola
non lo accompagnano mai, per un misto di pigrizia e paura (le foreste,
secondo i polinesiani, sono spesso luoghi infestati. Io condivido
completamente questa opinione). Lui ha 72 anni, e spera vivamente
che qualcuno si occuperà di questo dopo di lui. A una prima
occhiata, le lastre di pietra non vogliono dire molto: prendono
vita in seguito alle sue spiegazioni. Ad esempio, una raffigura
due occhi e una bocca sbagliata, asimmetrica: dal momento che gli
antichi marchesani conoscevano bene proporzioni e simmetrie, è
un indice del fatto che rappresenta un guerriero marchesano caratterizzato
dalla bocca storta. Altri calchi rendono testimonianza dei primi
incontri con gli europei; raffigurano immaginari e leggende. Torno
da Christelle affascinata e con laria sognante.
Naturalmente non ha nulla da farmi fare nel pomeriggio, e mi suggerisce
di andare a fare lunghe passeggiate, come fanno i turisti di solito.
Ma niente mi inquieta come lidea di perdermi nella foresta
di Ua Huka, e le dico che evidentemente gli altri turisti non erano
delle giovani ragazze sole prive di senso dellorientamento.
Allora mi piazzo davanti alla baia leggendo un bruttissimo libro
della casa editrice di tahiti; pensando che tornerò a Ua
Huka, sì: ma sarò ricchissima e avrò al mio
fianco LUOMO DELLA MIA VITA, e andremo insieme in quel bellissimo
albergo nel cuore della foresta, dove coccolano gli avventori. Leggere
certe riviste dona unidea un po sfasata delluniverso:
in genere scoppio a ridere di fronte a discorsi come questo, emblemi
di un imprinting capitalista e monogamo dove ai bambini si parla
di Cenerentola (capitalista e monogama come nessun altra). Questa
immersione nellesotismo mi sta facendo derivare verso i VALORI
OCCIDENTALI, e inizio ad essere seriamente preoccupata.
Durante la notte il vento è ancora più forte, e io
sono sempre più insonne. Quando Christelle mi propone come
attività di andarla a vedere mentre lavora allaeroporto,
le dico che ho cambiato idea e che ho voglia di partire per Nuku
Hiva, oggi pomeriggio.
Per fortuna mi sottopone un conto decisamente onesto, dimenticandosi
dellescursione nellorto del primo giorno. Cè
posto per Nuku Hiva, e fortunatamente ho conosciuto una donna in
aereo che mi ha proposto ospitalità a casa sua, caso mai
dovessi mettere piede nella sua isola. Le telefono e mi sembra sinceramente
felice del mio arrivo.
Nuku Hiva è splendida e lo sapevo già: ma lavevo
evitata perché laeroporto si trova in un luogo chiamato
Terre Déserte, a 2 ore di fuoristrada dal villaggio principale:
trenta euro di taxi non è un prezzo assurdo, ma la pista
di fianco allabisso non mi sorrideva. Comunque, lalternativa
era altri due giorni (peggio: 2notti) in un luogo che adoravo per
la sua bellezza ma detestavo praticamente per tutto il resto. Naturalmente,
il tempo è bruttissimo: la strada è piena di fango
e non vi è alcuna visibilità. La taxista ha la mia
età, e non ho mai visto nessuno guidare bene come lei. E
prudente, esperta, tranquilla: credo di avere fatto bene, dopotutto,
a partire.
La famiglia che mi ospita a Nuku Hiva è calorosa, accogliente,
allegra: il mio istinto si rilassa felice. Vuoi venire con noi,
domani? Mi chiedono. Andiamo a fare un pic nic e Terre Deserte.
Vada per il pic nic, ho voglia di vedere questisola, visto
che si profila loccasione.
Dopo una notte perfetta (dormo con tre gattini al mio fianco, ronronron)
mi fanno salire sul loro 4x4. Primo segno di allarme/diffidenza:
mi dicono di comprarmi dellacqua, certo non mi offriranno
la loro. Io non bevo molto (il mio corpo in pratica non suda), però
non ho nessuna intenzione di approfittare dei miei ospiti: per sottolinearlo,
compro due bottiglie. Istinto che si risveglia: è una piccola
cosa, ma non è un bellatteggiamento: dopotutto, erano
stati loro ad insistere perché andassi nella loro casa, non
lussuosa, ma più benestante della media (esisteva un vero
bagno, con lacqua calda!). Il loro 4x4 è un pick up,
e io mi accomodo con il loro bambino nella parte scoperta. In Kenya
adoravo viaggiare in questo modo; ma ora non ne ho nessuna voglia.
Mi sembra che stia per piovere (ma nooooo! Che cosa dici), la strada
è orrenda e mi immagino sbalzata fuori con unestrema
facilità. In più, in questi giorni di piogge precipitano
sulla strada moltissimi sassi. E ho freddo!!
Allora la mia mente ritorna allestate scorsa, a Praga, non
sola ma con le mie amiche più care. Dopo un viaggio duro
e stancante, troviamo finalmente posto in un ostello meraviglioso.
E un ex scuola, con i muri scrostati, sporco, gestito da dei
ragazzini. Dovrebbe sembrare un posto da incubo, eppure tutti quelli
che passano di li (anche a giudicare dal libro degli ospiti)
ripartono felici e con bellissimi ricordi. I viaggiatori che approdavano
li non cercavano pulizia e servizi di primordine, ma
atmosfera. Se mai sono stata in un ostello ricco di atmosfera, era
quello. Siamo rimaste un sacco di tempo. Mi ricordo che, nella nostra
camerata, cera una lavagna con una meravigliosa citazione
da Lewis: adventure is misery recollected in tranquillity. E era
scritta in un inglese sgangherato, come tutto, e meraviglioso.
Ma a volte non si ha nessuna voglia di miseria. Se si è nervosi
e torvi, si resta del tutto impermeabili alle atmosfere. Quando
comincia a diluviare, mi porgono una tela cerata. Due forti pensieri:
in kenya, se al mattino chiedevi a un vecchietto che tempo avrebbe
fatto quel giorno, questo ti rispondeva: bello nella mattinata,
ma con un filo di vento: fai attenzione pero a non trovarti
lontana nel primo pomeriggio, perché alle due e mezzo pioverà.
I Polinesiani invece, di fronte a un cielo cupo e coperto, al massimo
mormoravano on voira.
Altro pensiero: da sempre, detesto la pioggia con il massimo di
odio possibile. Non sopporto assolutamente di essere bagnata. Evito
le fontane delle città, giro con lombrello anche in
caso di siccità agostana e borsa già stracolma, se
mi sorprende un temporale, preferisco perdere un pomeriggio intero
al riparo, in un bar, che proseguire verso casa. Una volta ho pagato
un ombrello 20 euro, da Coin, piuttosto che la pioggia (ovviamente
ha smesso di gocciolare allistante: e questa avventura, di
cui è complice solo mio fratello, non lavevo mai raccontata
a nessuno).
Il temporale sul pick up, no.
Decido di far valere i miei diritti di ospite: secondo me, a lato
del conducente cè posto sia per me che per il bambino.
Non possono rifiutare, e la situazione così diventa sopportabile.
Mi propongono di visitare lisola: però il tragitto
è leggermente più lungo e dovrò dargli qualcosa
per la benzina. Non ne ho nessuna voglia; però so che non
avrò loccasione di tornare molto presto a Nuku Hiva
(sono ancora ben lontana sia dallessere ricchissima sia dallamore
eterno). Vada. Non potranno chiedermi molto; la deviazione non è
lunga, e loro avevano pianificato di andare a Terre Deserte in ogni
caso.
Lisola è meravigliosa, lussurreggiante, creste laviche,
siti archeologici, valli profonde. Solo che ci impantaniamo due
volte. Mi era già capitato, ma questa è davvero UNA
BRUTTA IMPANTANATURA. Vorrei avvisare il conducente del fatto che,
se si ostina a cercare di proseguire, il pick up si ribalterà,
schiacciando me e il suo bambino. Lui e la moglie sostengono invece
che ne usciremo
Allora vanno a raccogliere foglie di cocco,
moltissime, da mettere sotto alle ruote per permettergli di fare
presa: mezzora dopo, ce la facciamo (senza ribaltarci). Forse,
mi dico, hanno una benché minima idea di quello che stanno
facendo.
Errore.
Proseguiamo nel diluvio: il ragazzino insiste per rimanere nella
parte scoperta, senza impermeabile. I genitori protestano vagamente,
ma fondamentalmente sono quasi orgogliosi del loro piccolo (e le
loro parole suonano come vedi, per due gocce, si tira avanti
benissimo!). Io vedo solo che lui ha la pelle doca,
e che insistere per stare lì mi sembra davvero un pericoloso
capriccio. Ma non sia mai! I bambini sono sovrani. Si autoeducano.
Questa storia mi innervosisce come nientaltro; non sopporto
assolutamente di vedere qualcuno di 7 anni tremare sotto la pioggia
e il gelo, decisamente contro ogni consiglio di Nonna Laura.
Finalmente arriviamo alla spiaggia di Terre Deserte, senza che la
pioggia accenni a cessare. Mi dicono di mettere il costume e di
andare a pescare sulle rocce, assieme a loro. Me lo faccio ripetere
tre volte: inorridita, mi accorgo che QUESTO ERA IL CONCETTO DI
PIC NIC. Come abbiano potuto lontanamente immaginare che una studentessa
occidentale, che detesta la pioggia, gli scarafaggi, il fango (e
la pesca, ma mi rendo conto che potevano anche non saperlo) possa
essere in grado di andare a pescare sulle rocce sferzate dal temporale
e dalle onde fortissime (chiunque abbia chiamato questo oceano Pacifico,
doveva avere degli strani termini di paragone), davvero, non riesco
proprio a capire. E sì che era gente che aveva un po
studiato, la madre è infermiera, han girato il mondo
Si rendono improvvisamente conto di due problemi:
1-non li avrei seguiti per nessun motivo al mondo;
2-il giorno successivo, avrei dovuto prendere un aereo alle dieci:
viste le condizioni della strada, e visto il luogo dove avevano
intenzione di andare a dormire, non ce lavremmo mai fatta
ad arrivare in tempo.
Non cè telefono, non cè campo, non cè
nulla da fare. Io inizio a ringhiare. Cercavi ladventure,
tesoro? Non ha senso che inizi ad ucciderli uno per uno, sarebbe
lunico modo per far peggiorare la situazione. Me lo ripeto
fino alla nausea. Il dio è più silenzioso che mai.
Finalmente la signora che mi ha invitato capisce che, tra me e loro,
cerano stati dei fraintendimenti. Mi propone di accompagnarmi
presso un parente, che abita non lontano dallaeroporto, e
il mattino dopo non sarei stata lontana (immagino che si riferisse
al fatto che avrei potuto camminare fin li, come avrebbe senza
dubbio fatto il suo bambino). Qualunque cosa, pur di andarmene da
quellorribile posto; spero solo che il parente possieda una
vera casa, perché mi è venuta unimprovvisa voglia
occidente, metropoli, persone cui la pioggia dà fastidio
e che rimproverano i figli. Chiaramente, ci stiamo dirigendo verso
una zona assolutamente priva di case come posso intenderle io. Attraversiamo
distese incolte piene di cani feroci, e ad ogni capanna che superiamo
io tiro un sospiro di sollievo (graziealcielonondormiròqui).
Quando raggiungiamo quella del congiunto, tremo. Faccio gli scongiuri.
Avrei dato qualunque cosa per non passare un interminabile pomeriggio
e una notte lì dentro.
Ma sei sicura che vuoi fare lantropologa, vecchia mia? Tu,
che non peschi, non andrai mai a caccia, sei incredibilmente maldestra
e apprensiva, non puoi dormire senza esserti lavata alcune parti
essenziali, e non mangi i panini perché ti fanno schifo tutte
le salse?
Grazie, grazie, grazie: in casa non cè nessuno. La
signora è costretta ad accompagnarmi fino allaeroporto,
dove troverò la mia taxista e mi beccherò altre due
ore di 4x4 nel pantano, per tornare al più vicino paese degno
di questo nome. Le dico che mi cercherò una pensione di famiglia,
perché non me la sento di dormire da sola nella sua casa,
come mi aveva proposto. Fortunatamente le viene in mente che una
sua cognata mi può ospitare. Non mi pongo più alcuna
domanda, vada per questa cognata. Mi chiede un prezzo spropositato
per la benzina, pago in silenzio. Mi auguro solo di non rivederla
mai più, e nonostante tutto le auguro di non trovare il suo
bambino con la febbre a 40 e la polmonite. Se mi avessero chiesto
in quel momento qual era il più grande desiderio della mia
vita, nessun dubbio: che la Polinesia si dissolva nel nulla, dalloggi
al domani.
Eppure la cognata è una donna deliziosa. Nonostante abbia
un figlio di 11anni già obeso, non sono dura nel giudicarla.
Meno sono ricchi, più ingrassano: è la legge delloccidente.
Parliamo moltissimo; stranamente, è davvero interessata a
me in quanto esotica (di solito non mi pongono assolutamente nessuna
domanda, al massimo mi parlano della Polinesia in termini di hai
già assaggiato il pesce crudo? ). E lei la tipa
di Mussolini. La sera mi lascia con suo figlio, perché ha
una riunione su un argomento esoterico (ho trovato il programma
in bagno). Oh, lei si che mi piace. Cosi devono essere
i selvaggi. Perfino con il ragazzino mi trovo bene, anche se lui
mi chiede quali marchi di auto abbiamo in Italia: io sforzo al massimo
le mie meningi, e sputacchio un ehm, FIAT?. Purtroppo
non la conosce. Vorrei sinceramente farlo felice, e mi spremo ancora
un po. Ho trovato: la Ferrari, è italiana! Ah, la Ferrari,
ok. Soddisfatto. E tu, che macchina guidi?
Una Renault. Fine dei suoi sogni di esotismo.
Ci guardiamo un cartone animato sul lettore DVD (anche la più
umile fra tutte le case possiede un lettore dvd; io vorrei tanto
che li rivendessero tutti, e con il ricavato comprassero della frutta
per i loro bambini. Ma è inutile, alle Marchesi le verdure
non sono care, cresce qualunque cosa e i giardini traboccano di
alberi da frutto: il problema è solo culturale). Ha un fratellino
di un anno, dolcissimo, anche se adora mettere le sue manine sozze
sulla mia lonely planet, senza che nessuno glielo impedisca. Però
si vede, è tenero come i suoi familiari. Lo mettiamo a letto,
nella stanza dove dormono tutti quanti (mi vergogno di me, quando
penso: non sareste costretti a dormire tutti insieme, se rimetteste
in ordine quella stanza in più che è una specie di
armadio en plein air, elemento che ho notato in parecchie case;
e questo è un puro giudizio gratuito. Perché mi permetto
di giudicare una cosa simile? Magari a loro piace dormire tutti
insieme. In ogni caso, su tematiche come ordine e pulizia,
io non ho il diritto di parola. Nella mia stanza occorre farsi strada
con un machete). Lo addormento tenendogli le manine, sopraffatta
da un istinto pericoloso, per una grande viaggiatrice. Istinto di
casa, cuccioli, calore e protezione. Mi godo il momento, anche se
mi cerco di impedirmelo.
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LA SECONDA PARTE
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